giovedì 7 giugno 2012

Livorno






Sono di ritorno dalla Bruuclin della Toscana or fresco dopo 5 giorni a fare mercati nel lungomare di Livorno Dè.
Perchè Livorno si trova sul mare.
Sembra così scontato ma invece non lo è.
Perchè Livorno, se la guardi, sei sempre spalle al mare.
Non è la poesia onusta di Genova o gli anfratti psicofisici del Salento.
Al mare a Livorno ci si va per abbronzarsi e pettegolare. Punto.
Poi se fa schifo o no la budella di su mà. Che poi schifo fa.

Livorno è i livornesi.
Altro che gli Spartani e i Ticinesi.
E i livornesi nel mare non ci sono.
Son tutti per bar, cantinerie, rumbe, fiere, tatuaggiari e pircingari.
E spacciatori. Ma tutti dico tutti.
Ho visto donne passare in canottiera con un tribale tatuato in un braccio coperto per esteso, una pantegana che gli usciva dal collo e due lucertole dietro le orecchie. Plas sei piercing visibili ad occhio estraneo quindi aggiungo due. E poi arriva il marito tatuato come un Maori anche lui e con due lobi come un Masai che gli molla tre pargoli e due cocker incazzato come un orso perchè, dè, c'è què raazzi, vò a bè!
Che vuol dire Tutto e non vuol dire una Sega, dipende.

Io parlo romantico ma invece Livorno è cambiata. Altrochè.
Me l'ha detto subito uno fuori dalla stazione che gli ho chiesto “scusa, dov'è Piazza Mazzini?”, che lui togliendo il lucchetto alla Graziella blu rispose “Dè, è sto lì, vieni con me”.
Dopo il primo semaforo, mentre l'emozione di essere nella mia Livorno m'arrotondava tutto, mi aveva già smontato con “Ma Livorno unnè più come una vorta. Ora l'è piena di stranieri”, nel mentre scroccandomi sigarette due mi accende un tarlo.

Livorno che sotto i portici di Via Repubblica i bar son sempre pieni invece.
Livorno che Effetto Venezia si fa ma unnè più come una vorta.
Livorno che il calcio c'ha fregati perchè siamo comunisti e Berlusconi ce lo mise in culo pevvia dicchè s'andò con le bandane tutti a San Siro a pigliallo pè i culo.
Livorno che solo lì resiste un Vernacoliere.
Livorno che di Modigliani a far le facce sian tutti boni.
Livorno che con quella cecina e fritti han delle trippe che fra tutti.
Livorno che però anche sopra i quaranta gli omini c'hanno n'ha schiena che pare n'anta. (cito i Gatti Mèzzi:)
Livorno che poi la Darsena, la chimica, i portuali, Livorno anarchicronista.

Ma che cazzo è successo? Domando a Marchino, uno stangone di Livorno Livorno che a Livorno se non lo conosci non sei di Livorno allora.
Siamo di banco vicini e comunicativi, m'appropria la discussione, non banale est.
Domando autorizzia per registrare. Autorizza.
Ed io sbobino:

Io: “Ma come mai hanno tutti i capelli tinti? Ma li hai visti vero? Ma poi biondi!”

Lui: “ Matteo e son livornesi, i livornesi son fatti così!”

Si parte bene. Storpia il mio nome (mi presentano come Teo, lui ipotizza livornese ma anche andaluso un banale Matteo. Lo fa).

“Che ti credi, la metà di quelli son 45enni in pensione pè via diì porto...portuali...gente che fa tre lavori a nero...pè dire...noi siamo la Napoli del nord, caro Matteo!”

Io:” Senti, mi chiamo Maurizio, Teo non c'entra una sega con Matteo”

Lui:” E mi pareva infatti! Qui a Livorno Matteo si dice Mattè”.

Ecco. Becco e bastonato.

“Senti Teo, ma te tu sei vecchio o cosa? Ntummi pari giovane”

e lo chiede come se ti dicesse andiamo per un caffè?

Io: “sui 50nta. Ma si tiene duro”

Lui” Infatti lo dicevo io, l'è sui cinquanta ma li porti bene dè”

Io: “Marco...che è stà storia della pensione a 45anni? Mi spieghi?”

Lui: “ Icchetispiego! L'è così..tutta politica, 'n casino bho...io vò parecchio in Thailandia e me ne frego...te?”

Io: “Io parecchia Africa...”

Lui: “Ecco. Io in Africa uncisò mai andato ma vorrei. Poi tummi dai le dritte no?” e attacca a parlare col Mondo che passa di lì perchè tutto il Mondo conosce.
Mi garba. Non c'ho da dividerci con questo un'acciuga ma mi garba.
Questo della vita ha capito più di me. E con ogni probabilità quelle sei parole che sa mettere a diritto che paion tanto banali alla fine valgon più delle mie contorsioni grammaticali per creare originali effetti.
Lo penso sul serio.

Fino lo sbobino.
Anche perchè se sbobino e scrivo tutto c'arrestano a tutti.

Finisce il mercato.
S'è fatto un buon lavoro. Dietro un banco mi libero dell'alone del solitario e socializzo puttanizzando. Che è il segreto del mercante. Vendo le ultime due borse special price a contingenti bimbe di banco vacuo più avanti e mi innalzo bho verso il nulla presumo, sto cazzo d'ego che non domi o forse non vuoi e basta.
Pecunio il buon boss che mi tratta con i guanti e amicizia e paga equa.

Si smonta stanchi, spinellati e un po' contenti.
Poi ci si rilasserà in quel di Pisa, ironia della (con)sorte.
Si impacchetta, di Moretti tutto intorno fioriscono e qualcos'altro di cui sopra, e bocche sbocchettate e bocche che sbiascicano parole randellate.
Si ride e si arrabbia. Stanchi chi non ha realizzato e stanchi chi il portafoglio gonfio ha. Gira vinaccio bianco quasi caldo. Siamo alla frutta.

Nella piazza che tutta si libera e lo sporco tutto rimane nel buio di querce secolari che chissà cosa avranno visto m'assecondo sul marciapiede di sigaretta attizza. Il mare a due metri alari non degna di nota.
Guardo in alto mentre un libeccio fastidioso annuncia la pioggia di domani. Guardo in alto e penso a tutto e a niente. Se dovessi ammetterlo penso a Lei solamente.

Oggi sono un po' meno livornese. L'ammetto.
Ma un po' lo rimarrò per sempre e non potrò più farne a meno.
Noi toscani siamo tutti uguali. Icchè si dica si dica.
Ci si sente ognuno e a modo suo l'Ameri'ano di Tirreno.







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