lunedì 9 luglio 2012

Bigio






Bigio l'ho conosciuto tanti anni fa.
Lavoravo a Firenze come dj a tempo pieno e cameriere a ripieno.
Di li a poco sarebbe poi arrivata la chiamata per l'Africa e dopo ci siamo sempre visti a pizzicchi e bocconi. Però SEMPRE quando ero qua.
Erano altri tempi (parlo del 2001/2). Firenze viveva un'eccitazione musicale, culturale, sociale che poi in un paio d'anni sarebbe stata smarrita definitivamente e per sempre.
La prima volta che ci siamo incontrati viveva in una bella casa nel centro centro di Firenze in mezzo a quadri, computer, idee, follie.
Gli artisti e i geni vivono così.
Fareste bene a saperlo voi cassintegrati, disoccupati, mantenuti e animali. 
Anche voi patetiche persone normali.

Tra noi c'era un feeling strano, eravamo come un'ossimoro.
Eravamo pappa e ciccia senza darlo a intendere a quasi nessuno.
Lui sapeva chi ero io ed io mi immaginavo chi era lui.
Il gioco era questo. E andava.

Bigio è sempre stato uno di poche parole e di tanta pacata energia.
Placido e determinato nelle sue convinzioni.
Nelle sue voglie, nelle sue assuefazioni.
Bigio era presenza ad arte, senza nessuna mistificazione, arte pura.
Era uno che ti spiegava i suoi cazzi e le sue necessità senza stressare.
Bigio era uno che ci sapeva fare.
Un Basquiat in bianco e nero.
Credetemi se lo scrivo, per davvero.

Quando mi vedeva di rientri (perchè da lui sempre passavo ad ogni rientro), mi guardava con quella faccia un po' così, mi strisciava il viso al viso e poi si dormiva accanto nel divano.
Io cotto come una pina dal rientro, lui paziente, osservatore, a volte faccialeccante. 
Come un furbo brigante.

Poi al mattino che l'ora s'aggiorna dell'aurora, mi svegliava e si faceva colazione insieme. Lui tonno o salmone, a volte il pollo, io un semplice caffè. Poi tornavo nel divano.
Lui non so dove.

Io poi sparivo e tornavo chissà quando e da chissà dove.
Ma lui lo ritrovavo sempre lì, uguale come sempre, placido, concentrato, quasi mistico, come un Budda ad ore.
Ma sempre di me si ricordava ogni singola parola, ogni singolo gesto che dura un minuto ma vale una silenziosa amicizia che fa onore.
Mai una discussione tra di noi, mai scazzi.
Come facciamo invece noi semplici esseri umani, noi mezze seghe che frulliamo nella vita senza capire che la vita è solo un gioco di silenzi e piccoli spazi.
Genio dell'esistenza che si sublimava sempre o solo a tratti.
Come noi piccoli onnivori non sapremo fare mai.
Perchè lo sanno fare solo i più grandi dei gatti.

Post
Bigio se n'è andato stamani.
Un abbraccio a Miki, alla sua famiglia e alla Sara.
E adesso e per un attimo, tutti insieme, battiamogli le mani.



domenica 1 luglio 2012

Cani






Due giorni fa ho sotterrato il mio cane.
Forse sarebbe più giusto dire il cane dei Miei.
E di sicuro sarebbe giusto dire che non l'ho sotterrato subito.
Aveva un tumore ai polmoni e l'hanno portata a fare la puntura finale.
Ce l'avete presente?
Quando qualcosa che a modo suo ha vissuto 12anni della tua vita ti muore in due secondi davanti agli occhi e tra le mani? Mai provato?
Avete presente quando un animaletto (era un bassotto nano...) ti guarda matupita negli occhi come a dire: ok, finiamola, e tu sgoccioli?
Mai provato? Beati voi.
Io ho già dato con la prima. Piango ancora oggi se ci ripenso.
La mia donna di allora (parlo di vent'anni fa) che mi faceva macho e invincibile, strabiliò davanti alle mie cascate di lacrime. Meglio così.
Si chiamavano Beba tutte e due.
Morte di tumore ai polmoni tutt'e due.
In casa mia non ci facciamo mai mancare niente.
Se c'è da patire.

È stata un grande cane, nel suo essere piccola.
Aveva anche dei titoli, ci dissero, ma ai miei non importava una mazza dei titoli, videro quell'aggeggio nero ed uscirono dal lutto dell'altra rigonfi d'amore again.
(Che ci sarebbe, su L'ALTRA, da scriverci un libro).
Beba l'ho conosciuta dopo un anno che spadroneggiava per casa.
Tornai da un mio viaggio/lavoro in Kenya e lei, tranqui tranqui ed avendomi inquadrato, mentre cenavo con i miei chiaramente felici di rivedere u figghiu dopo un anno solare, andò quatta quatta in “camera mia”, aprì il mio bagaglio, lo sparpagliò nella stanza, e tornò a bussar zampetta. Me ne accorsi in un attimo ed andai a vedere:
trovai tutto buttato qua e là per la stanza e invece di incazzarmi risi.
Avevo trovato una sorella.

Si dice i bassotti.
Persino la Disney ha celebrato la loro intelligenza con l'Ispettore Basettoni.
E'(ra) lui “l'intelligente” della situazione no?

Beba era più che intelligente. Che fin lì ci arriviamo quasi tutti.
Beba era un(a) genio!
Ha messo in riga i miei genitori senza gagnolare troppo e me pure anche se faccio lo gnorri a volte, anche se un po' mi temeva.
Aveva capito che non mi aveva fregato proprio del tutto.
Però sapeva dare i tempi della Vita.
Dalla bimba dei coupon a quella cerebrolesa della pseudo/postina.
Dai vicini vicini fino ai vicini più lontani.
Abbestia.
Ed è morta vergine, come una Giovanna dell'Arco ma senza film a celebrarla. Come la prima Beba. Perchè noi non ci facciamo.
Beba piaceva ai vicini che la inghuinzagliavano per andare in giro per la town a fare le loro porche figure. Con l'assenzio dei parenti claro.
Beba volendo era anche “due coglioni così” quando la natura soprassedeva all'ordine e alla logica. Abbaiare contro chi chessia (incazzata e rissosa...una stronzetta, la farei io...) sguaiata contro il povero vu cumprà...e che cazzo devo cumprà?
Aveva dell'umano. O forse gli umani sono oramai così vicini alle bestie che i cani guitti ci sguazzano.

Ha dormito tra le mie braccia di rientro da qualche viaggio che mi “sentiva” stanco. Con quell'amore e quel puzzo di fiato che li caratterizzano. Non ho mai detto ahi e m'incazzo per molto meno.
La sentivo come una sorella. Ma una sorella per davvero.
Meglio anzi.
Che poi mi dicono che le sorelle rompono con le mestruazioni, gli amori, dammi la macchina e tutte 'ste robe qua.
Lei mi leccava il viso ogni volta che aprivo bocca.
Mi leccava il viso ogni volta che le raccontavo i miei cazzi.
Mi leccava il viso e mi guardava sempre piena d'amore.
Mai rotto le palle con le mestruazioni o tipo ma quando si scopa qua? Quando il calore bussava alle porte della percezione.
Una sorella perfetta dai.

Quando i miei l'hanno riportata a casa avevo preparato la fossa nell'orto.
Avevo in mano una cassetta di plastica vuota. Il suo loculo.
Mia madre con gli occhi rossi mi ha passato una borsa sigillata ed è andata in casa a strapiangere, presumo.

Sentivo il calore ancora.
Mi sono ricordato dell'altra Beba e della damigiana di lacrime che versai.
E per uno strano gioco delle sensazioni mi sono imposto di non piangere.
Neanche alla prima badilata di terra, quando capisci davvero cosa succede.
Neanche a metà.
Neanche alla fine quando compatti la terra e sublimi la Fine.
Neanche una lacrima.
Ma che razza di cane sono?