lunedì 26 novembre 2012

Per Tutto Il Tempo Che Basta




Chapter I

Peter Panico”

Non ci crederete voi e ad essere sincero non c'ho mai creduto troppo neanch'io alla storia che raccontò Alonso Karis in quel bar cupo e scalcinato messo in penombra dagli avventi degli eventi e dal cinismo delle speculazioni edilizie in quel martedì anonimo pieno di nubi, pioggia e nichilismo diagnostico.
Non ci credereste e fareste bene.
Perchè visto lì appoggiato ciondolante a quel bancone malandrino che si riempiva di bicchieri vuoti e parole distoniche che si pavoneggiavano svisando su sgocciolii di bottiglie di birre svuotate e di gottini di pessima sambuca all'unisono, luisone dignitose ma risecchite esposte agli albori dei tempi, a raccontar dimenticandone i preamboli, ricucendo con flash back da bingo 'sta storia del Peter Panico, a riportarne per intero squinterne illuminazioni, paradossali aneddoti e strampalati aforismi bhè, non era proprio un bel vedere e ne un bel sentire. Sia chiaro.

Eppure anche lì al bar ci fu chi gli dette credito da subito.
Il Giampi per esempio, che si bevve come oro colato tutto e poi nei giorni a seguire recitava a memoria, orgoglioso come un opossum, brani di quella storia con cipiglio e una certa vena artistica che gli fu riconosciuta un po' da tutti.
Per non parlare del Ristretto e il Casanova. Fino persino al vecchio Pallai. Che l'ultima cosa in cui aveva creduto era stato, giovane e stupido raccontava amaro, l'avvento del comunismo nel globo. Pure lui la prese per buona.
E ne alzò le quotazioni stupendo persino i bookmakers dei video-poker che la davano mezza palla.

Quindi tu credi di essere consapevole di quello che fai? Lo credi davvero? Non è che per caso vivi come in una Matrix qualunque le tue idee che invece nient'altro sono che imprinting di una memoria digitale che ti manovra come una marionetta?....” La citava continuamente e a voce alta 'sta frase il Giampi che gli aveva fatto proprio un grand' effetto all'intelletto. Anche se poi pronunciava la x di Matrix come una esse e ne usciva una cosa strana, ma guai a farglielo notare, il Casanova aveva sudato un bel po' per riportare la permalosia a livelli di amichevole discussione dopo la considerazione. Veritiera, sosteneva sottovoce il Ristretto, che come barista era si un grand'uomo, ma viverla tutta dentro un bar scalcinato per l'appunto, lo portava borderline acido sulla diatribica questione d'acchito, ammettiamolo dai.

Alondo Karis si svegliò svogliato quella mattina uggiosa smascherata da piccoli bagliori di luce che s'infilavano come traiettorie disegnate da una mano ferma nella nostra quotidianità obsoleta.
Succedeva già da un po', pensò.
Mise su l'ultimo album di Chat Baker e preparò una moka esagerata di pessimo caffè e la scolò usando il tazzone che gli aveva regalato la Esperanta anni fa, quando la sua vita viaggiava su binari sicuri e non c'era ancora sentore di quel deragliamento che di lì a poco avrebbe terremotato di netto e di lordo la sua esistenza.
S'affacciò alla finestra che inquadrava una giornata grigia, piena di gente grigia, di facce grigie, tutto grigio là fuori. Meglio rimanere rintanato nel bunker-monolocale, sentenziò con quella falsa sicurezza che era diventata il canovaccio della suo modo di vivere. Si sedette al tavolo e accese il PC innervosendo da subito della lentezza che mugghiava tra quei MB digitali, ma appena stava per iniziare a tentare di portare avanti quel romanzo che si era arenato quasi subito sulla tastiera e nelle pieghe della sua mente confusa, apparve come dal nulla Peter Panico.
E si voltò di scatto e un po' impaurito.

Ciao grand'uomo, mi aspettavi vero?”. Non era un'allucinazione, cazzo, parlava pure, considerò mentre il suo sguardo sgranava dalla sorpresa inaspettata ad una consapevolezza agnostica e netturbina.
il tuo romanzo fa cagare, lo sai vero? Gli ho dato un occhio stanotte, ziocan!, scrivi come un labrador!” Il Panico iniziò volutamente pesante mentre Alonso cercava nervoso le paglie e ne accese una aspirando profondo. Quella dipendenza arrivò a riportarlo con i piedi per terra dentro quel recinto-prigione dove si era incatenato da solo e quasi consapevolmente.
Vedi” aggiunse il Panico con uno sguardo canaglia e le mani in tasca “Non saresti male invero, ma cerchi sempre di fare il verso a qualcun'altro. Non so bene a chi, ma qualcun'altro sicuro. Ti studio da un po' ragazzo. Hai dei numeri, ma invece di giocarteli dovresti viverli. Se capisci la differenza e di cosa sto parlando, chiaro”, e senza quasi riprender fiato continuò “ e poi sta cazzo di Esperanta...ma falla finita! Ma butta via quelle foto lì, butta via quei quattro ricordi scrostati e in pessima filigrana, vivi aggrappato al niente e poi ti stupisci che il niente ricevi”.
Ma che cazzo dici?” vuolà, Alonso toccato nel vero scordò l'inconsuetudine ed entrò nella discussione senza porsi più domande sul vero e l'illusione. Graffiato sul pensiero più ricorrente scordò la strampalata situazione e si voltò pronto a difendersi, ad attaccare, e a farsi fare un culo così, metaforicamente straparlando.
Io alla Esperanta non ci penso più da anni” sentenziò fissandolo con fare da rissa.
Il Peter Panico iniziò a ridere “Ehhh. Lo vedo lo vedo. Tutto qui sa di lei e di cosa ti è costato questo sbaglio. Perchè di sbaglio si è trattato. O credi ancora che fosse amore?”
Ma chi sei tu, si può sapere? Come ti permetti di apparire così nella mia vita?”.
Chi sono io? Io sono il falso ossimoro che non riesci a decifrare, la granata che polverizza le tue illusioni, il dolore assuefatto della certezza reale, io sono soltanto quello che tu vuoi essere ma hai paura di essere”.
Cioè?” incuriosì Alonso.
Io sono qui perchè tu mi hai voluto qui. Forse non lo sai razionalmente ma così è. Io sono qui solo perchè tu mi hai cercato. Solo per questo”.
Ma se neanche so chi cavolo sei!?”. Quasi urlò Alonso in preda ad un vortice fisico d'emozioni che sconquasso portavano senza manco gettar nel lago il sasso.
Te l'ho detto. Io sono l'inconcruenza necessaria. L'angelo spietato che si nutre di ossa e verità. Io sono solo e soltanto il tuo alter ego cannibale e insaziabile, il gioco delle parti sopra le parti, io sono quello, se mai davvero lo vorrai, che un giorno tu diventerai”.
Per un attimo pensò di essere impazzito e all'improvviso. Non che ci volesse molto, a dire il vero. Alonso era uno che aveva qualcosa da dire, ma non sapeva, recluso dentro un passato che non trovava perimetri ma solo dolorosi episodi, da che parte iniziare. Quegli anoressici pensieri stavano arrivando al loro fottuto traguardo. Se solo avesse capito, come noi speriamo, l'opportunità, si sarebbero risolti in un attimo e in un fastidioso gioco che include l'enigma, la soluzione e il templare baluardo.
Si versò nel primo bicchiere che trovò una dose abbondante di rhum. Sentì il dotto alcool percorrerlo ondivago. Ne bevve un altro senza fiatare come un giavellotto che sa dove deve finire. Poi un altro ancora, e vomitò subito dopo e per un attimo pensò persino di morire.
Quindi acconsenti alla mia diagnostica? Me la dai buona?”
il Peter ci dava dentro di brutto. Non si capiva bene perchè, ma gli stava spezzando le gambe, con metaforica concettuale retorica. Se qualcuno sa cosa cazzo voglia dire. Ma non ne fece dramma. Continuò imperterrito come un bufalo a scornarlo con un sorriso. Se poi l'Alonso avesse capito l'aneddotto provocatorio, c'avrebbe pure riso.
io non acconsento un cazzo!” Urlò ravanando sul tavolo alla ricerca di un'ennesima sigaretta.
Io sono un uomo che vive! Che decide e che combatte, io!!
Concluse in un fraseggio scontato, calcio in culo alla realtà ma tutto concetto precotto di pensiero efisema del passato.
Fu a questo punto che il Panico tirò fuori la storia di Matrix. Ma non parlava del famoso film. Si collegava dotto ai concetti di Gregg Braden, che con queste teorie c'aveva guarito un tumore, conosciuto l'immortalità dell'Essere e pure il puro piacere di spiegarlo agli altri come un concetto granitico che nasce da un'esperienza vissuta, da qualcosa che preti e autorità non posso incrinare, come uno che aveva capito Tutto il concetto di Vita e lo sapeva non solo vivere, ma pure dimostrare.
Ma l'Alonso non sapeva un cazzo della vita e gli scritti di Braden. Si sentì per un attimo un Neo Qualunque che qualsiasi guerra poteva vincere, e sparò una filata di cazzate autarchiche che qui non riportiamo per rispetto, diletto, e perchè quando sei così Piccolo, meglio lasciare fare la cronaca, l'orgoglio e pure l'intelletto.

Quando si voltò dopo l'ennesimo rhum il Peter Panico era sparito.
Sarebbe tornato ancora a veleggiare tra i suoi sogni, tra le sue paure e le sue psico-certezze.
Ma Alonso non sapeva ancora tutto questo.
Finì la bottiglia di alcool e da quel giorno si trascinò tra le burrasche della sua vita.
E quando qualcuno al bar si/gli chiedeva dove avesse raccattato questa batosta rispondeva sempre balbbetando allo stesso modo biascicando quell'opache parole.
So da dove è arrivata e so che durerà per tutto il tempo che basta”.

(To be continued)







lunedì 19 novembre 2012

Forse Ti Uccisi



Ho ricevuto questo breve racconto stamani. 
L'ha scritto una donna che ho amato, che amo e che amerò per sempre. 
Perchè se lo merita. E perchè me lo merito.

FORSE TI UCCISI

(Breve racconto di Il'aria Mosca)

Forse ti uccisi. Ma non fu una mia decisione, fu una tua richiesta.
Quando arrivi a supplicare un’altra persona di prendersi una tale responsabilità, sai che non ti potrai tirare indietro. Hai già stabilito il tuo cammino, per le tue ragioni, e cerchi l’aiuto necessario in qualcuno nel quale hai piena fiducia, qualcuno sulla cui comprensione profonda non nutri alcun dubbio.
Questo, ovviamente, nei tempi remoti, nei giorni passati di vita fatta d’essenza.
Oggi, è infinitamente più difficile.
Ti piantai un pugnale nella carne, guardando nei tuoi occhi la tua lenta ed inesorabile trasformazione. Un rito di passaggio verso un’altra dimensione per il tramite e la mano di un altro essere umano. Rischioso, pericoloso, doloroso. Controverso.. Giusto o sbagliato? Dando retta ai precetti d’una stupida chiesa, non vi sarebbe scelta. Ma allora, quella chiesa non esisteva, esistevano la fame e il freddo, la lotta per la sopravvivenza, ed i veri valori erano fratellanza e sincerità. E poi forse, allora, tu eri un cavallo, ed io un uomo. Un legame di fedeltà e lealtà che non conosce pari, totalmente reciproco.
Fu allora, quando ti conobbi ed ebbi la fortuna di condividere i miei passi su questa terra con te, che mi innamorai dello Spirito del cavallo. Perdutamente. Una scintilla di Dio, quell’amore. Nel mio cuore, vivido è il ricordo dell’armonia fisica,del carattere, della forza, del coraggio. I tuoi occhi grandi ed intelligenti, ancora mi guardano. E posso ancora sentire dentro me il tuo potere nelle cavalcate sfrenate e selvagge attraverso gli spazi immensi della pianura, libertà allo stato puro.
Dunque fu un momento crudo, che strideva sotto i denti serrati, che offendeva lo sguardo e l’udito, ferendo lo spirito più di qualsiasi altra cosa. E tuttavia un momento così forte da risultare luminoso.
Il mio amore fu così grande che ti lasciai andare, per sempre, in un atto di pietà e determinazione, solo perché eri tu a chiedermelo, a volerlo con estrema consapevolezza. Sapendo che sarei stata parte di te, sempre. Che saresti stato parte di me, sempre.
Tornerò e tornerò.
Tornerai e tornerai.
Indissolubilmente uniti in qualcosa d’incommensurabile, oltre la vita e la morte, al di là dello spazio e del tempo.