chapter 2
"Angelina"
Angelina era considerata
una matta un po' da tutti.
La guardavano un po' in
tralice e i più impauriti, di rado e solo alcuni incuriositi, più
spesso e quasi tutti con un disagio che non trovava riscontro
nell'ordinario delle loro vite inconsapevoli e precarie.
Inesorabili e ciechi la
giudicavano sbeffeggiandola con ogni probabilità più per
esorcizzare le loro paure che altro, con sciocche parole piene di
pregiudizio e
incatenate all'ovvietà,
prigione metafisica di chi crede che la Vita sia stare o di qui o di
là.
Perchè Angiolina era una
che parlava in confidenza con gli spiriti, che andava a braccetto con
gli gnomi invisibili e che dava del tu ai draghi sputafuoco, ai
brucafilli e le trilli di ogni sorta.
Dava l'imbarazzante
sensazione di essere a conoscenza dei segreti della luna e di sicuro
viveva in intimità e ci sapeva volteggiare nell'alone magico del
perimetro dei pianeti più lontani.
Angelina dava l'inconsueta
sensazione di tenere stretto il mondo intero tra le mani.
Ma la cosa che più amava
era la pioggia. I temporali. Le nuvole nere gonfie d'acqua pronta a
rovesciarsi sulle strade, sui campi, sulla terra, sulle nostre vite
spettatrici.
Le osservava attenta ad
ogni mutamento, ad ogni sfumatura. E ne intuiva subito la portata,
l'intensità e la durata.
Non vedeteci niente di
triste o cupo in tutto questo. Angelina non l'avrebbe mai fatto.
Perchè lei era
perfettamente consapevole di una verità semplice che sfuggiva ai
nostri sguardi distratti e condizionati: il sole dietro quelle nuvole
si stava solo riposando, si prendeva solamente un momento per se
stesso, come una verità inossidabile che si nasconde come un sorriso
nel dolore, come un gioco che cerca una pausa necessaria per essere
più bello da giocare, come una felicità intensa che non può durare
tutta la vita, ma di sicuro può vivere solide ore.
Appena il cielo iniziava a
riempirsi di quei cumuli grigi che rimandavano al buio lei invece si
accendeva, ed un immenso cerchio colorato e colmo di calore si
spandeva dentro di lei.
Si affacciava sul piccolo
balcone ed osservava estasiata le finestre del cielo chiudersi, le
forme a volte astratte e a volte definite in strane figure che le
nuvole formavano. Annusava profondamente l'odore che annunciava la
tempesta. Ne sentiva l'impeto imminente. Ne percepiva la forza, la
volontà, il disegno totale. E s'inebriava di quegli odori come un
poeta ispirato che stava per rimare la sua quartina perfetta.
Ed era sempre in quel
preciso istante che qualcosa di magico si faceva largo tra i suoi
sentimenti, le sue emozioni, i suoi pensieri pieni di sogni cesellati
di reale, di futuri radiosi e immagini adamantine.
Si vestiva veloce e
sgattaiolava fuori e correva verso le riva del fiume incurante dei
rimproveri materni.
Era lì che amava
aspettare la pioggia.
Chiudeva gli occhi alzando
la testa verso il cielo respirando profondamente.
Ed un'energia magica e
occulta iniziava come ad impossessarsi di lei.
Sentiva il suo corpo
percorso da una sottile e frenetica vibrazione, la sua mente si
riempiva di note soavi e tribali, e quando cominciava il diluvio
iniziava a ballare come posseduta dagli spiriti benevoli in una danza
dai passi soffici e lineari.
Si muoveva come in un
balletto nato da una coreografia esperta e piena di passione,
disegnando figure armoniche e ancestrali mentre godeva delle gocce di
pioggia che scivolavano sul suo viso disegnando piccoli rigagnoli
astratti.
Provava un piacere
sensuale nel percepirle diluirsi nella sua schiena di donna sinuosa
e godeva come brivido
d'orgasmo nel sentirle scivolare lentamente in mezzo alle sue belle
gambe, immaginando i lunghi capelli zuppi adornarla come la corona di
una regina.
E sorrideva, e cantava ad
alta voce motivi che neanche conosceva ma che uscivano dalla sua
bocca come una rima baciata dagli Dei. Le sue mani si trasformavano
in armonici pennelli che disegnavano nello spazio tutto intorno
figure concentriche che catturavano lo sguardo e le emozioni e che
lasciavano scie d'energia. Riempendo d'armonia tutto lo spazio lì
intorno e domavano anche il più cupo dei rumori.
Conquistando davvero tutto
e di sicuro anche i più aridi cuori.
E quando rientrava zuppa e
pieni di schizzi di terra il suo viso invece sembrava parto
del sole ed il suo corpo
emanava una vibrazione sottile che ti faceva percepire qualcosa di
celestiale. Chiudeva gli occhi e si godeva la sensazione di quei
vestiti appiccicati alla sua morbida pelle come la carezza dell'amato
e ringraziava la Vita, il Cielo, il passato, il presente e tutte le
forze del Creato.
Poi sotto la doccia
chiudeva gli occhi e si godeva per un tempo infinito l'acqua calda ed
i suoi morbidi vapori che portavano via le scorie e lucidavano
l'essenza di quella sensazione lasciandola in uno stato di pace porta
del divino.
Poi dopo si sdraiava sul
suo letto avvolta nell'asciugamano chiudendo gli occhi per vivere
intensamente quegl'ultimi momenti inebriati sospirando piano,
profondamente, e ascoltando il suono di quel lieve ritmico respiro si
addormentava con un sorriso sognando meraviglie.
“Mha, chissà che dirà
la gente!”, borbottava il padre Eustelio a tavola con sua moglie
Ametrana mentre la
televisione s'adoperava per imprigionare le loro menti come uno
scaltro, disonesto imbonitore.
“Ma che ti importa!
Lasciali parlare. Non vedi com'è contenta?”. Rispondeva cuore di
mamma cercando una mediazione tra le sue preoccupazioni e quella
strana, inspiegabile giustificazione che dal contenitore dell'anima
la rassicurava che invece tutto andava bene, che tutto era come
doveva essere, che benedetta dagli Dei, Angelina era speciale, un
Essere puro e che niente aveva da dividere con la pazzia.
Nella sua bottega onusta e
polverosa di falegname dove ogni odore riportava a tempi andati
Eustelio pensava spesso a sua figlia.
Ed anche se la sua mente e
la sua logica partigiana erano contrari a quell'atteggiamento che
teneva nei confronti della vita, sentiva che qualcosa gli sfuggiva di
tutta questa bizzarra situazione. Anche se non voleva ascoltarlo
percepiva quasi origliando una sussurro che si formava dal profondo
come una saggia guida dentro di sé che lo rassicurava, che gli
mormorava dolcemente che sua figlia era un Essere che aveva capito la
Benedizione dell'Universo.
Ma poi quando al bar
mentre giocava il caffè con gli amici a quella briscola sempre
troppo uguale, le battutine, i verdetti e le osservazioni sui suoi
strani comportamenti lo riportavano nell'imbarazzo, nel disagio, nel
voler per forza credere che le regole della nostra vita sono sempre
dettate dai giudizi scontati degli altri, se non peggio da quelli che
sono condizionamenti e che invece ci illudiamo essere nostre ferme
convinzioni coercitivo retaggio della gabbia delle menti.
Ed era più forte di lui,
pensava sconsolato. Anche se quel sottile disagio che provava
quotidianamente si alternava a riflessioni che lo stupivano,
stordivano, e che creavano una brezza sottile di confusione di cui
non trovava capoverso.
E ricadeva nel loop
dell'ordinarietà quasi vergognandosi.
Ma di lì a poco sarebbe
successo qualcosa che avrebbe stravolto tutto e ristabilito le regole
olistiche che ogni essere umano porta dentro di sé dall'inizio dei
Tempi.
“Eustelio corri!
Angelina è impazzita! Corri!”.
Pover'uomo, gli prese
quasi un colpo pensando ad un incidente se non al peggio.
Buttò la pialla sul
tavolo e gettò via lo spolverino e corse dietro all'amico verso la
piazza del paese con il cuore che rimbalzava sulla gola ed una
stretta allo stomaco che gli impediva quasi di respirare. E quando
arrivò notò tanta gente immobile disposta quasi a cerchio e la vide
sotto uno splendido sole che disegnava ombre
nette e disinvolte nelle
pietre della vecchia piazza, con la folla che disposta quasi in
cerchio intorno a lei dava l'idea di un palcoscenico improvvisato.
Vide Angelina che ballava
completamente nuda baciata dai raggi del sole che risaltavano il suo
splendido corpo, e per un secondo credette di morire.
Ma invece non successe.
Mentre sgranava gli occhi
per capire se tutto quella che stava guardando era vero per davvero,
sentì un'energia intensa e dolce partire dallo stomaco e che andò
ad intarsiarsi nella sua mente e nelle sue emozioni. Percepì le
porte del suo cuore aprirsi e sciogliersi in un mare di dolcezza che
creò una consapevolezza nuova e antica allo stesso tempo e che lo
avvolse come una placenta rassicurante, e capì.
Guardò un angelo
ondeggiare e ballare con una grazia che non aveva mai visto ne
immaginato ed i suoi occhi si riempirono di lacrime, la sua mente si
acquietò e la morsa nelle viscere si sciolse mentre un amore fino ad
allora sconosciuto lo avvolse rassicurante, e sorrise.
“Falla smettere! È
un'indecenza!”
Era Don Carlo, il vicario
del paese, che gli stava urlando in preda ad uno sdegno falso parto
dell'ipocrisia religiosa un ordine perentorio che Eustelio neanche
udì completamente avvolto dalla danza della figlia.
“Perchè dovrei? É la
cosa più bella che ho visto nella mia vita!”.
Rispose con un sorriso
benedetto.
“E per quanto tempo
dovrà durare ancora tutto questo scempio?”
Urlò ancora il vicario
sull'orlo dell'isteria.
Girandosi solo un attimo
Eustelio lo fissò negli occhi pieno di una compassione sconosciuta a
quel piccolo uomo di chiesa e replicò:
“Se lei e gli Dei lo
desiderano, durerà per tutto il tempo che basta".