martedì 27 settembre 2011

Quando E' Tempo Di Ripartire (remixed)

postino: questo pezzo l'ho scritto 5 anni fà. Mi sembra ieri. E alla fine, parla di oggi.

Quando è tempo di ripartire te ne accorgi perché dalle montagne il vento annuncia il prologo di quello che saranno i prossimi mesi. Freddo e inverno e noia. E il cielo non dispensa più oro giallo ne tappeti di stelle ma nuvole anonime che passano veloci e distratte.
Quando è tempo di ripartire lo vedi nei visi dei colleghi di lavoro. L’ultimo giorno. Quando poi si stappa un Ferrari offerto dal boss e la tua teoria sul tenetevi pure la pensione integrativa si sveste di una presunta saccenza e diventa una semplice realtà. Si può fare. O almeno. Ci si può provare.
E le rate del nuovo fiammante tutto non sembrano più affatto comode ma anzi pesano come quei macigni che sono. E l’ultima stretta di mano più maschia e i sorrisi più sinceri. E il boss ti allunga un extra in euri e ti dice ci vediamo a maggio e fatti sentire. Mi raccomando. Quando è tempo di ripartire lo sai perché nel bagno di casa fioriscono ricambi Mc3 in ogni dove. È cuore di mamma. In Africa sono così cari e lui si rade solo con quelli. Quando è tempo di ripartire lo sai perché quello zaino sarà costato pure un sacco di mance ma adesso che lo vedi carico con i tuoi portafortuna a ciondolare è proprio figo. E poi scrolli la testa e ridi di te stesso e di cosa ancora riesci a pensare.Quando è tempo di ripartire te ne accorgi perché poi quando pesi il bagaglio per capire se sei sui 20 kg scopri che ogni anno fai tara di un paio e sei sicuro di aver preso tutto. Il regalo per tuo figlio. Occhialini da mare fotonici e scarpette antiscoglio. Per Akram. Per Garama. E per un sacco di altri bambinipreferiti. Ma avanzano chili. Bhò. Sarà l’età.
Quando è tempo di ripartire lo senti perché gli ultimi pasti a casa sanno di tutto. E poi mamma ti allunga dei soldi che gli ha dato babbo e ti dice però non dire niente a babbo e ti bacia. E poi babbo sulle scale ti saluta discreto e ti guarda fiero e sussurra un semplice occhi aperti.
Quando è tempo di ripartire lo leggi nelle mail che intasano il tuo box con quesiti sempre medesimi ma che smuovono il cuor. Negli sms pieni di slang swahili e promesse che vivranno un tempo compiuto. Nelle chiamate internazionali che razziano il tuo credito. Perché giù sanno che stai arrivando. E Sammy e Eve e Kajngu e Amina e Mohamed vogliono sapere. Quando parti. Quando arrivi. Dove dormi. E ci vediamo la sera ok? E poi ti promettono un tappeto di stuoie che srotolerà fino all’alba. E tu senti un fremito e lo stoppi perché non è ancora il momento.
Ma ci arriveremo a quell’alba.
Quando è tempo di ripartire è tempo di rassettare i cd sparsi per tutta la stanza. Staranno in colone placide ad aspettare l’anno prossimo. Che non mi hanno mai tradito una promessa. Loro. E finisci di copiare in scheda audio musica italiana che giù ascolterai e con gusto. Quando invece qua per Graziani e Parente non è che poi trovi tutto stò tempo. E ci infili dentro anche la discografia completa dei Tiro che ti è arrivata fresca fresca.
Quando è tempo di ripartire lo intuisci nel tempo dei momenti che iniziano a dilatarsi e a perdere il loro misterioso significato. E ti dimentichi di pranzo e di cena. Del giorno e della notte. E fai solo cosa ti va. E ti senti meglio. Leggero. E far due passi al fiume non ha più niente di patetico ma anzi colori. E momenti. E immagini. E suoni che ti piaceranno eccome. E uscire una sera non saprà di serata uguale alle altre ma di ritagli di piazza. Di due chiacchiere. Di cosa ti offro da bere. Di sorrisi e saluti. Di amicizie forse sottovalutate e rispetto inatteso e gradito. Ma anche sguardi piena di invidia e vibrazioni antipatiche che graffiano senza lasciare giustificazioni.
Quando è tempo di ripartire lo senti perché stavolta c’era anche una lei. E che stavolta era pure una muzungu. Dopo anni. Ma poi scopri che il suo interesse da sanguisuga con le ali da farfalla e la logica da perizoma serviva solo per trovare una chance.
Per scappare dall’ennesima gabbia dorata dove le donne amano infilarsi per scoprire poi che la vita vera è ben altro che la firma congiunta nei conti correnti.
E allora ti allontani con discorsi fatti in punta di piedi. E se non basta fai la voce grossa intonando giudizi e aprendo baratri che non si potranno più colmare. E poi torni tranquillo a fissare avanti e a far la sentinella tutta d’un pezzo al tuo vascello immaginario.
Quando è tempo di ripartire è scritto sulle ultime parole che lasciano segni sparsi in anonimi file che usciranno dal torpore poi. Frasi scritte a singhiozzo che  cercheranno una loro collocazione nelle spiagge africane. Quando il vento dell’oceano ti riempie gli occhi di sabbia e la tua immaginazione fermenta e scrivi veloce perché la batteria è lì lì per dirti by.
Quando è tempo di ripartire è chiaro perché è l’ora di fare due conti con te stesso. Perché quando si parte è un pò come resettare tutto. E allora pensi ed elabori e tiri conclusioni che poi saranno completamente diverse e inaspettate. Perché il timone della vita difficilmente è governato dalle nostre mani. Troppo spesso legate alla catena come i cani. E  allora ti fermi un attimo e scrolli la testa e tiri su lo zaino e dici. Vabbuò. Poi
vedremo. E parti e basta.
Quando è tempo di ripartire è un brivido che non razionalizzi. E l’emozione e la paura e l’eccitazione creano un cocktail che non trova valutazioni nell’ordinarietà del quotidiano. E quelli che erano problemi veri o presunti sfuocano davanti alla meraviglia della vita e ai suoi misteri. E le tasse da pagare o il timbro sul documento e le autorità le vedi solo per quello che realmente sono. Marionette o dotte giustificazioni per farci vivere vite dettate da gente che proprio non sa cos’è l’onore. E della cui vita noi e solo noi abbiamo l’incombenza e il sacrificio di saldarne l’onere.
Quando è tempo di ripartire è il tempo di spolverare i tuoi santini da viaggio. La foto di nonno.
Il sacchetto magico che lo sciamano Monitonquat ti insegnò a preparare. Quel testo di Sai Baba così caro. Le follie di Osho. E la collana che Fatuma ti regalò prima di morire torna a battere ritmici tintinnii sul tuo petto/cuore stanco.
Quando è tempo di ripartire lo capisci perché sei al terminal C di Fiumicino. E ritiri il biglietto al banco dell’agenzia taldeitali e ti guardi attorno e vetrate alte e colori bianchi e odore di detergente d’aeroporto. Due sbirri sovrappeso. Poca gente e pochi turisti. Uomini d’affari. Arabi arraffisti con le mogli che esibiscono i pacchetti e Gucci e Fendi e Prada. Come richiede espressamente il Corano.
Africani facoltosi con gli abiti della tradizione e anelli d’oro pesante alle dita. Qualche unno appoggiato al bar con la media rossa. E poi magari incontri qualcuno che conosci e ti abbracci e bevi insieme un caffé mentre l’atmosfera bignè dell’aeroporto ti fa da spolverino. E ignori i negozi duty free con le loro vetrine piene di tutto che ti puntano come dei vampiri. E poi ti imbarchi e noti che l’aeromobile è mezzo vuoto e ti
sistemi centrale e ti prepari un comodo letto sui tre seggiolini mentre l’hostess guarda che gnocca ti dice. Scusi. Ma lei si deve sedere e allacciare le cinture. Stiamo per decollare. E tu ricomponendoti rispondi si si. E poi quando l’aereo rulla in pista tu già dormi e ciao cinture.
Quando è tempo di ripartire lo vedi sopra i cieli di Mombasa. Che da quassù è proprio bella e vedi bene l’isola e i quattro ponti di collegamento e cavolo quanto verde che c’è. Da quassù.
Quando è tempo di ripartire lo senti all’uscita dell’aeroporto. Quando un fantasma d’umidità t’incatena e vedi i turisti fare le gambe molli. E i colori evaporano africani nell’incombenza della temperatura equatoriale. E c’è sempre qualche fratello di Malindi che li aspetta e ti vede e ti sorride e ti abbraccia e ti offre da bere mentre qualche tassista chiede in giro chi sei. E qualcuno gli dirà pure che sei uno di loro. Guarda là. Lo conoscono tutti.
Quando è tempo di ripartire l’auto sgangherata viaggia nello sconquasso della Mombasa-Malindi.
Dove meravigliosi pazzi scatenati sfrecciano annunciati dagli assolo dei clacsons. Dallo stridio dei freni e dalle imprecazioni recitate a bocca piena. E Yuma si unisce al coro stonato e irripetibile e tu continui a sorridere. E lui stupisce perché non hai paura. Stai a vedere perché sei consapevole che un giorno dovrai pure morire. E allora se deve succedere che succeda proprio qua. Ora. Non sarebbe affatto male. Anzi.
Quando è tempo di ripartire è chiaro perché la tua camera è pronta quando arrivi. E vengono tutti a salutare.
Quest’anno poi che hai deciso di vivere a Kwuandomo. Il quartiere dimenticato. E i sorrisi e gli abbracci sanno di sincerità e di quanto ci sei mancato Karioki. E Sammy che ti saluta rasta e ti indica butta lì i bagagli e vieni con me. E poi con Sammy a brindar a tutta Malindi. Con quei sorrisi che si stampano su immagini al carboncino. E poi risate larghe e moneta stappata che non offre via di scampo a questa meravigliosa giornata.
Quando è tempo di ripartire lo intuisci davvero dopo qualche giorno. Quando ti accorgi che non c’è più la televisione e tutti i suoi pupazzi a cercar di condizionare la tua vita. Quando quantifichi in soldoni il tempo che noi italiani sprechiamo inutilmente davanti a un elettrodomestico che oramai sfida il potere degli Dei. E ti meravigli a pensare di come invece sarebbe semplice e produttivo smettere di ascoltare tutte le fandonie
che ci vorrebbero far credere. E che molti di quei politici che strabordano da quello schermo. Barricati in un Circo Parlamento. Invece di legiferare. Dovrebbero passare un bel po’ di tempo in galera. Al posto spesso di sciagurati a cui il gioco delle tre carte della vita ha sempre dato buca. Spesso barando.
E giù all’oceano. Davanti a quelle onde imperiose. In piedi. Arrivi persino ad immaginarti un popolo che da inerme e inebetito ritorna padrone della sua vita fiero e divertito. E sorridi gustando l’effetto che farebbe se all’unisono si alzassero in piedi e li mandassero tutti a quel paese. Berlusconi. Bersani. Bossi. Provera. D’Alema. Corona. Moggi. La Santanchè. Pupo, Amadeus, quel fattone del Lapo e pure Flavia Vento.
E arrivi persino a visualizzare la faccia che farebbero se la televisione la spengessero tutti per davvero. Quando arriva l’ora dove quei due idioti sbagliano per l’ennesima volta le previsioni del tempo.

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