venerdì 30 dicembre 2011

Natale, moglie mia non ti conosco



È bello il Natale visto da qua.
È così bello che non ci fai neanche caso da quanto è bello.
Intanto qui oggi entra l'estate. Indi fa un caldo che abbaia. Distonico un bel po' con l'immaginario Natale=neve. E francamente, a parte il fatto che è festività e quindi non si lavora, a questi qua del Natale, che poi equivale a shopping selvaggio, depressioni più o meno coatte e poco più -non avendo un becco di un quattrino e poca voglia di deprimere- importa sega.
Diciamolo, vedere un babbo natale imbacuccato in quei vestiti spessi e ridicoli e con quella barba che sembra una termocoperta nella vetrina di chicchessia non solo è un po' improbabile, ma finisce per metterti persino a disagio. Poromo, viene da pensare. Chissà che caldo che patisce!
All'equatore perdi il senso e il peso di cristianità della cosa. Che son chilometri di senso e tonnellate di cose. Dimentichi i retorici stasera cosa mi metto che non c'ho niente davanti a guardaroba infiniti per andare poi a messa a far finta d'impressionar del Vangelo.
Perdi il sulfureo richiamo dei jungles -almeno che non sei così scemo da star a cercare televisioni persino qua- che mirano a far abdicare le tue beghe emozionali e i tuoi sgoccioli di euro.
Ti sbarazzi in un niente di tutti quei Buone Feste e falsi auguri che a rotazione ci ricicliamo con abbozzi di sorrisi e magoni allo stomaco.
Puoi persino evitare il Pranzo. 'Nsate! (qua si mira alla cena, a pranzo fa troppo caldo per i nostri palati e sterni.).

Così, giusto per scrivere qualcosa e perchè penso che ci sia qualcosa da capire anche qui, vi racconterò come ho passato la vigilia a Malindi, tecnicamente il giorno clou di tutto l'ambaradan.
Premetto. Di solito in tutti questi anni passati qua ho vissuto queste pseudo-feste come giorni normalissimi da lasciar defluire e niente più. Per questo quando un italiano che vive qua fresco di appartamento a Malindi, appartamento a Mombasa, tre moto, auto e conti fluidi mi ha invitato a cena l'ho presa così così.
Ci saranno due bimbe fresche da Mombasa, sono andato io a sceglierle”, aggiunge al telefono convinto di corrompere tutto tondo i miei dubbi ed i miei ma strascicati.
Ripremetto. Stiamo parlando di un italiano sulla sessantina del nord faraone. Pieno di gruzzolo. Moglie in Italia con figlia ottenne. Lui qua a godersi le tasse evase, presumo. Malato di gnocca africana. Possibilmente non sopra i vent'anni. Uno di quelli che non spiccica una parola di inglese, che dice negri ogni tre minuti, ed è convinto di essere pure nel giusto.
Cmq, mi arrendo e accetto l'invito. E dovrò pure cucinare, ziocan.

L'appartamento è sul mare. In un complesso pieno di appartamenti tutti uguali. Le terrazze (molto usate all'equatore, chiaramente), si dirimpettano così vicine che vedi il companatico nei piatti dei tuo simili. Inutili le tende a tranciare quel senso di socialità trasformano il vento dell'oceano in sterili vele che sventolano come bandiere sconfitte.
140 metri quadrati: leaving room da sufficienza, terrazza di cui sopra, due camere con bagno, una cucinetta etta etta, piscina in comune, mare così così a due passi.
Il tutto per soli (?) 140.000 euro. Più 80 al mese di condomino. Più dopo scoprirai (come anche lui ha confessato) che il terreno non è il tuo e dopo 99 anni dovrai ripagare da capo tutta la trafila. Ma questo lo scoprirai a contratto stipulato, con calma e dispiacere.
Anche così noi italiani spezziamo le reni al Mondo intero, cari miei.
Andiamo avanti.

Arrivano le bimbe, finalmente.
Quella sua “ufficiale” ha 20 anni, l'altra 22.
Sorridendo mi ammicco pensando che mi tocca la vecchia.
Classiche gnocchette africane. Fisici di marmo e alte due metri. Accondiscendenti fino alla nausea ma palesemente maschera di gazzella su sguardi di tigre. Vestiti al minimo e tacchi 12. Un po' d'italiano buttato lì: “come stare belo?”, “tu piace me?”, stronzate così insomma, sguardi di valutazione al capitale immobiliare del pirla, e stupenza nello scoprire che parlo inglese e swahili, si può comunicare senza sembrare dei cerebrolesi, a volte.

Sessantenne già sgarella e assapora complimentando il mio sugo peperoni, zucchine grigliate e pomodorini freschi; poi, (in)spiegabilmente, chiede alle due bimbe di mettersi in costume da bagno, che lui porge dal suo carnet, costumi mini mini, veddo. Mi vergogno come un serial killer e scusazzo le bimbe in swahili, inglese, strogoto e telepatia rosso in viso tutto non per il caldo ma.
Rifletto.
Sono gli uomini o solo noi italiani in particolare ad avere ste fisime con le donne? (Io osservo. Almeno qua, siamo solo noi italiani. I tedeschi e gli altri, vanno per anagrafi più probabili e situazione molto meno grossolane).
Perchè più si invecchia e più le vogliamo giovani? (in questo caso c'è uno sbalzo di 40anni, per dire...). Non credo sia soltanto il brutto dire del “ciccia fresca”, c'è ben altro secondo me, poi chiedo al mio psichiatra (il fatto che sia lì dovrebbe dimostrare che anch'io, coscio o inconscio o furbetto, i miei “giochetti mentali da maschio in carriera” ce li ho e belli pregni. Quindi ammettere, passi lunghi e pedalare).

Mi chiamo fuori comunque da questo squallido gioco nel tempo di un battuto. Sarò cuoco, commensale educato e paziente, ma io in questa storia “non centro niente”. Niente nere, riconfermo convintissimo il giuramento di mesi fa.
Tra le righe del mio dire il messaggio arriva alle bimbe che recepiscono e rispettano. Lui invece viaggia di bicchieri di vino bianco, sterno italico in bella evidenza, capelli tinti di marrone testa di moro e mani che van tra le cosce delle gazzelle come mamba famelici. Cerca persino convinto di averla la mia complicità su battutacce da caserma. Razzistesessisteincredibilmente. Mette un po' in imbarazzo. Sono proprio cambiato cmq, 5 anni fa, non ci facevo così caso a tutte queste cose.

Finiamo la cena tra complimenti alla rinfusa e gomiti alzati e almeno il caffè lo faccio io.
Le bimbe si ritirano per cambiare i costumi da bagno in costumi da scena.
Si va allo Starts & Gaters, un disco-pub-ritrovo africano che strizza (parecchio) l'occhio al turista.
L'altra” si appiccica a me. Non perchè abbagliata dal mio charme claro, ma perchè qualcuno deve pagare l'entrata, una birretta e poi chissà se cambio idea, e quel qualcuno sono stato estratto io. (Si parla di qualche euro tra entrata e birra, niente de chè, cmq).
È pieno ma non pienissimo. Per essere poi altissima stagione, verrebbe da dire “mezzo vuoto”.
Al bancone cerco riparo tra bariste straconosciute che rassicurano tutto intorno giovani italiani/tedeschi/cinesi guardano dove il perizoma duole. Sessantenne abbozza uno sceike anni 60 con la stanga che lo sovrasta di bellezza e stile. Ok, per oggi può bastare.
Pago la birretta e sparisco. Scusate ma sono stanco. Vado a letto. Non ho mica vent'anni io! Aggiungo alle 22enne che ride come da protocollo bacetto, biz perso e allora vai a letto.
Ma lui non recepisce bene il mio perchè e inizia a sbandare la dialettica. Intona una tiritera alcolico/impastata a quattrocchi a proposito della spartizione. Vorrebbe addirittura che prendessi la bimba sulle ali del mio portafoglio. Forse il passo più lungo del viagra che ha fatto inizia a dare il fiatone.
Rimango nelle mie posizioni e saluto. Finendo un'amicizia appena sbocciata, presumo.

Ma invece, macchè!
È già domani mattina e mi telefona presto esto. Tra urla in sottofondo mi spiega in mezzo a congiuntivi impazziti e fiatone al cardiopalma che le bimbe fanno storie ma il suo inglese non permette nessun genere di comunicazione e la sua baldanza da felino in calore si sta sciogliendo davanti all'oggettività che traduce “idillio” in “Illusione” e un “battibecco autentico” con la “realtà”.
Stanno battendo cassa. Esigono l'obolo.
Eccoci al dunque.
Anche perchè lui invece pensava che ospitarle e offrirle da mangiare, due birre, scoparle e darle delle negre bastasse e c'era pure il resto. Ste 'ngrate!
Mi passa la 20enne che mi spiega le ragioni. Che son sempre le stesse:
Mi ha scopato tutta la notte. Voglio 5mila scellini. Il resto è complimentary”.
Mi ripassa ello che spiego l'antifona invano e mi ordina un perentorio “vieni qui tu”, come fosse il mio capo, che tocca corde non congeniali per una fattiva collaborazione.
Dovrei capire che è la paura a metterlo nella condizione di aggredire per difendersi e che se intervenissi forse tutto si placherebbe. Dico forse. Ma abito lontanissimo da lui. Poi dovrò vedere un film visto e rivisto che non mi interessa minimamente. Poi dovrei chiedermi troppe volte perchè sono qui. E poi, insomma....e poi oramai ho deciso!
Lascio perdere amicizia e buon gusto e stacco il telefono in faccia a chichessia.
Sono d'accordo che è sempre bello fare esperienze, ma di fare il pappone adesso non necessito esperienza. 'Rciò.

Non so come sia andata a finire. Non s'è fatto risentire.
Avrà pagato, di sicuro. Finisce sempre così x i “Rocco Siffredi tricolore”.
Chissà che cosa si credono poi alla fine. I soldi Tutto corrompono ma Niente comprano.
Perchè non riusciamo mai a capire veramente questo concetto qua?
Perchè in nome del sesso pregiudichiamo sempre tutto e dopo ci sentiamo più soli di prima?
Perchè preferiamo sforzarci di fare i giovanotti un paio di giorni ed abbiamo paura di essere noi stessi per tutta la vita? Ma sopratutto,perchè ambiamo ad essere infelici?
Mi avrà pure depennato dalla lista dei cucadores ed avrò perso un “nuovo” amico, pazienza.
Mi rimane da confermare un mio vecchio adagio: se sei in giro per il Mondo e vuoi stare tranquillo e dignitoso, evita accuratamente gli italiani o parsimoniare i tempi di compagnia.
È brutto dirlo ma alla fine è davvero così: lo stereotipo italiano=cafone, fanfarone, maleducato di malamaniera, tachionizzato dal berlusconismo non solo è vivo, ma purtroppo e per davvero combatte in mezzo a noi. E ci fa pure vedere i sorci verdi.








1 commento:

  1. eh ma me l'ero perso questo post!
    e non mi stupisce affatto il tuo "racconto di natale" ...il mondo brulica di omin'i'mmerd... se hanno du vaini in tasca poi....!!
    :)

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