Ho affittato una moto.
Lo so. Ne hanno parlato al Tg della 7 e da Fazio e su Repubblica c'è stata una dotta diatriba sulla questione tra Saviano e Mughini che mi onora.
Ma non è di questo che volevo parlare.
Intanto erano almeno 25 anni che non guidavo una moto.
E infatti appena l'ho presa mi son detto: facciamoci un giro per strade secondarie prima, che ci prendiamo la mano.
Dimenticandomi alcune fondamentali accortezze tra le quali:
- le strade secondarie di Malindi sono tutte sterrate, piene di buche e sassi.
- C'è più traffico che su Lamu Road (che sarebbe la Main Street asfaltata e turistica).
- e decisivo, piove da giorni e ci sono fango e pozze di proporzioni bibliche.
Infatti sono caduto dentro una pozza dopo 5 minuti. M'è partita davanti e mi sono ritrovato immottato fino al busc del cul. Ma senza prognosi mediche fastidiose e piene di paroloni.
Per la cronaca.
E manco mi sono dato per vinto.
Ho tirato fuori il Vale che soddiace entro ognuno di noi e sono ancora qua a scrivervela.
Ieri, per esempio, mi sono fatto tutta la zona di Shella e Baobab (che sarebbe il lungo mare). Ho attraversato tutta la Casuarina fino alla capatina alle spiagge del Marin Park (che è fuori town un bel po'), sono arrivato fino alle macerie di Maweni e ho sfiorato di gomito Kisumundogo senza degnarlo di nota.
Praticamente ho girato tutta Malindi. In un paio d'ore. Quando a piedi (ed io cammino molto, sia chiaro), ci impiego due giorni.
Ma non è neanche di questo che volevo parlare.
Quello di cui volevo parlare è una conferma lucida come mentadent al mio vecchio adagio:
guardare non è uguale a vedere.
Provo a Spiegarmi.
Passata in due birre l'euforia del ritrovarmi da una parte all'altra della città in pochi minuti, mi sono accorto da subito che non ho visto un bel niente ma solo guardato un po' di tutto male, di sguincio e di straforo. Senza ricordare quasi nulla e quel poco sfarloccato e sbugiardabile in tempi brevi e netti.
Una foto sgualcita della bui bui che ammicca da sotto il burqa. Il flash del bambino con il secchio di uova sode. La polaroid del duka che vende marunghi. La mama che.
Ma quando camminavo e incontravo queste squarci di realtà li vedevo bene. Avevo tempo per capire se quella bui bui fosse sinuosa vergine o sinuosa zoccola. Che c'è poca differenza ma un pochetto sì. Se le interessavo o meno (se si girano due volte a guardarti è come dire: scopami).
Se quel bambino era della tribù Ghiriama o Luo. Se insieme all'uovo ti dava anche il sale e il pili pili. Se era contento o sfavato. Se il tipo dei marunghi era un assiduo drogatello o un bizman. Se aveva giro e quindi qualità. Vende pure acqua e sode?
Insomma i particolari. Quelli che SONO poi le cose che ci passano sotto il naso. Il contributo essenziale per creare un INSIEME e quindi del FARCI UN'IDEA.
Ecco. Farsi un'idea.
Con la moto (immaginatevi quindi con l'automobile...)ti fai un'idea falsata, frammentaria e quindi discutibile a priori.
Ma va anche detto che quando scendi dalla suddetta, almeno qua, tutto riassume i tempi lenti a me tanto cari.
Pensateci.
Se puoi vivere con tempi lenti, la tua giornata sarà piena di Tutto e quel tutto lo realizzerai con Niente. Cioè, sarà di Niente che riempirai quelle ore. Ma sarà un niente usufruibile, pensante, oserei quantistico. E sopratutto, un Niente a costo zero. Perfetto no?
Il capire se quel dohw è grande o medio, datato o di pacca, immaginare se ha solcato onde ambiziose o risacche scontate, occuperà del tempo, pensieri, neuroni.
E non costerà una cippa. Per esempio.
Quasi tutto quello che ci occupa la giornata media invece, almeno a noi occidentali, ha un costo: la benza, il ticket, la pinta, l'aperitivo, il week-end, le siga, il regalino per la bimba...
Così – e qui volevo arrivare- noi accettiamo uno stile di vita che ci impone di correre sempre, di spendere 20 per provare a trovare un lavoro che ci porterà 10, di sfiorarci non senza vederci, ma senza nemmeno guardarci, e se questo succede, di farlo in cagnesco e sfiduciati.
Sfrecciamo nelle città e nei paesi con i pensieri prigionieri di brutti pensieri compulsivi e manco ce ne accorgiamo. Ci rassegniamo ad una vita imposta da altri, che poi spesso sono quelli che “ci voglio più bene”.
Insomma, se ci va di lusso, viviamo una vita che neanche più sappiamo se è la nostra.
Ma continuiamo a correre. A essere frenetici. Ad arrabbiarci tra di noi per un parcheggio e a sentirci un po' a disagio se entriamo in un bar troppo di lusso. A fare i conti con i portafogli vuoti ma pronti a spendere tutto per un cazzo di I-Phone ultimo modello per far poi sapere agli amici di Facebook che “tizio/a si trova qua” (ma avete mai pensato che forse alla gente “non gliene frega un cazzo” di dove vi trovate?). Sbaglio?
Sia chiaro che io son messo peggio di chi legge a prescindere, non sermonium esto est. Ma le considerazioni non mi sembrano così “buttate là per fare il blogger”. Sono sincero, sbaglierò forse, ma così la sento e così la dico.
Quindi/comunque la moto la tengo per altri 15 giorni, poi la rendo indietro.
Preferisco camminare. Guardare il cielo. I disegni delle nuvole. L'odore del vento. Salutarmi con gli altri viandanti. Assaporare bene il sapore dello smog che respiro. Insomma, vivere con lentezza.
Non so se mi son fatto capire o se meglio ho dato un imput per elaborare “certi pensieri”.
Ma spero che capirete i miei deliri e ne giustificherete i limiti e lo stile.
In fondo una scusante ce l'ho: sono così impegnato a provare a vivere con lentezza quasi gratis, che ci sto prendendo sempre più gusto. E questo porta via un sacco di tempo e anche voglia di scrivere, per non dire capirsi.
Per fare questo in fondo basta non guardarsi ma vedersi.
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