Chapter I
“Peter
Panico”
Non ci
crederete voi e ad essere sincero non c'ho mai creduto troppo
neanch'io alla storia che raccontò Alonso Karis in quel bar cupo e
scalcinato messo in penombra dagli avventi degli eventi e dal cinismo
delle speculazioni edilizie in quel martedì anonimo pieno di nubi,
pioggia e nichilismo diagnostico.
Non ci
credereste e fareste bene.
Perchè
visto lì appoggiato ciondolante a quel bancone malandrino che si
riempiva di bicchieri vuoti e parole distoniche che si pavoneggiavano
svisando su sgocciolii di bottiglie di birre svuotate e di gottini
di pessima sambuca all'unisono, luisone dignitose ma risecchite
esposte agli albori dei tempi, a raccontar dimenticandone i
preamboli, ricucendo con flash back da bingo 'sta storia del Peter
Panico, a riportarne per intero squinterne illuminazioni, paradossali
aneddoti e strampalati aforismi bhè, non era proprio un bel vedere e
ne un bel sentire. Sia chiaro.
Eppure anche lì
al bar ci fu chi gli dette credito da subito.
Il Giampi per
esempio, che si bevve come oro colato tutto e poi nei giorni a
seguire recitava a memoria, orgoglioso come un opossum, brani di
quella storia con cipiglio e una certa vena artistica che gli fu
riconosciuta un po' da tutti.
Per non parlare
del Ristretto e il Casanova. Fino persino al vecchio Pallai. Che
l'ultima cosa in cui aveva creduto era stato, giovane e stupido
raccontava amaro, l'avvento del comunismo nel globo. Pure lui la
prese per buona.
E ne alzò le
quotazioni stupendo persino i bookmakers dei video-poker che la
davano mezza palla.
“Quindi tu
credi di essere consapevole di quello che fai? Lo credi davvero? Non
è che per caso vivi come in una Matrix qualunque le tue idee che
invece nient'altro sono che imprinting di una memoria digitale che ti
manovra come una marionetta?....” La citava continuamente e a voce
alta 'sta frase il Giampi che gli aveva fatto proprio un grand'
effetto all'intelletto. Anche se poi pronunciava la x di Matrix come
una esse e ne usciva una cosa strana, ma guai a farglielo notare, il
Casanova aveva sudato un bel po' per riportare la permalosia a
livelli di amichevole discussione dopo la considerazione. Veritiera,
sosteneva sottovoce il Ristretto, che come barista era si un
grand'uomo, ma viverla tutta dentro un bar scalcinato per l'appunto,
lo portava borderline acido sulla diatribica questione d'acchito,
ammettiamolo dai.
Alondo Karis si
svegliò svogliato quella mattina uggiosa smascherata da piccoli
bagliori di luce che s'infilavano come traiettorie disegnate da una
mano ferma nella nostra quotidianità obsoleta.
Succedeva già
da un po', pensò.
Mise su
l'ultimo album di Chat Baker e preparò una moka esagerata di pessimo
caffè e la scolò usando il tazzone che gli aveva regalato la
Esperanta anni fa, quando la sua vita viaggiava su binari sicuri e
non c'era ancora sentore di quel deragliamento che di lì a poco
avrebbe terremotato di netto e di lordo la sua esistenza.
S'affacciò
alla finestra che inquadrava una giornata grigia, piena di gente
grigia, di facce grigie, tutto grigio là fuori. Meglio rimanere
rintanato nel bunker-monolocale, sentenziò con quella falsa
sicurezza che era diventata il canovaccio della suo modo di vivere.
Si sedette al tavolo e accese il PC innervosendo da subito della
lentezza che mugghiava tra quei MB digitali, ma appena stava per
iniziare a tentare di portare avanti quel romanzo che si era arenato
quasi subito sulla tastiera e nelle pieghe della sua mente confusa,
apparve come dal nulla Peter Panico.
E si voltò di
scatto e un po' impaurito.
“ Ciao
grand'uomo, mi aspettavi vero?”. Non era un'allucinazione, cazzo,
parlava pure, considerò mentre il suo sguardo sgranava dalla
sorpresa inaspettata ad una consapevolezza agnostica e netturbina.
“il tuo
romanzo fa cagare, lo sai vero? Gli ho dato un occhio stanotte,
ziocan!, scrivi come un labrador!” Il Panico iniziò volutamente
pesante mentre Alonso cercava nervoso le paglie e ne accese una
aspirando profondo. Quella dipendenza arrivò a riportarlo con i
piedi per terra dentro quel recinto-prigione dove si era incatenato
da solo e quasi consapevolmente.
“Vedi”
aggiunse il Panico con uno sguardo canaglia e le mani in tasca “Non
saresti male invero, ma cerchi sempre di fare il verso a
qualcun'altro. Non so bene a chi, ma qualcun'altro sicuro. Ti studio
da un po' ragazzo. Hai dei numeri, ma invece di giocarteli dovresti
viverli. Se capisci la differenza e di cosa sto parlando, chiaro”,
e senza quasi riprender fiato continuò “ e poi sta cazzo di
Esperanta...ma falla finita! Ma butta via quelle foto lì, butta via
quei quattro ricordi scrostati e in pessima filigrana, vivi
aggrappato al niente e poi ti stupisci che il niente ricevi”.
“Ma che cazzo
dici?” vuolà, Alonso toccato nel vero scordò l'inconsuetudine ed
entrò nella discussione senza porsi più domande sul vero e
l'illusione. Graffiato sul pensiero più ricorrente scordò la
strampalata situazione e si voltò pronto a difendersi, ad attaccare,
e a farsi fare un culo così, metaforicamente straparlando.
“Io alla
Esperanta non ci penso più da anni” sentenziò fissandolo con fare
da rissa.
Il Peter Panico
iniziò a ridere “Ehhh. Lo vedo lo vedo. Tutto qui sa di lei e di
cosa ti è costato questo sbaglio. Perchè di sbaglio si è trattato.
O credi ancora che fosse amore?”
“Ma chi sei
tu, si può sapere? Come ti permetti di apparire così nella mia
vita?”.
“Chi sono io?
Io sono il falso ossimoro che non riesci a decifrare, la granata che
polverizza le tue illusioni, il dolore assuefatto della certezza
reale, io sono soltanto quello che tu vuoi essere ma hai paura di
essere”.
“Cioè?”
incuriosì Alonso.
“Io sono qui
perchè tu mi hai voluto qui. Forse non lo sai razionalmente ma così
è. Io sono qui solo perchè tu mi hai cercato. Solo per questo”.
“Ma se
neanche so chi cavolo sei!?”. Quasi urlò Alonso in preda ad un
vortice fisico d'emozioni che sconquasso portavano senza manco gettar
nel lago il sasso.
“Te l'ho
detto. Io sono l'inconcruenza necessaria. L'angelo spietato che si
nutre di ossa e verità. Io sono solo e soltanto il tuo alter ego
cannibale e insaziabile, il gioco delle parti sopra le parti, io sono
quello, se mai davvero lo vorrai, che un giorno tu diventerai”.
Per un attimo
pensò di essere impazzito e all'improvviso. Non che ci volesse
molto, a dire il vero. Alonso era uno che aveva qualcosa da dire, ma
non sapeva, recluso dentro un passato che non trovava perimetri ma
solo dolorosi episodi, da che parte iniziare. Quegli anoressici
pensieri stavano arrivando al loro fottuto traguardo. Se solo avesse
capito, come noi speriamo, l'opportunità, si sarebbero risolti in un
attimo e in un fastidioso gioco che include l'enigma, la soluzione e
il templare baluardo.
Si versò nel
primo bicchiere che trovò una dose abbondante di rhum. Sentì il
dotto alcool percorrerlo ondivago. Ne bevve un altro senza fiatare
come un giavellotto che sa dove deve finire. Poi un altro ancora, e
vomitò subito dopo e per un attimo pensò persino di morire.
“Quindi
acconsenti alla mia diagnostica? Me la dai buona?”
il Peter ci
dava dentro di brutto. Non si capiva bene perchè, ma gli stava
spezzando le gambe, con metaforica concettuale retorica. Se qualcuno
sa cosa cazzo voglia dire. Ma non ne fece dramma. Continuò
imperterrito come un bufalo a scornarlo con un sorriso. Se poi
l'Alonso avesse capito l'aneddotto provocatorio, c'avrebbe pure riso.
“io non
acconsento un cazzo!” Urlò ravanando sul tavolo alla ricerca di
un'ennesima sigaretta.
“Io sono un
uomo che vive! Che decide e che combatte, io!!
Concluse in un
fraseggio scontato, calcio in culo alla realtà ma tutto concetto
precotto di pensiero efisema del passato.
Fu a questo
punto che il Panico tirò fuori la storia di Matrix. Ma non parlava
del famoso film. Si collegava dotto ai concetti di Gregg Braden, che
con queste teorie c'aveva guarito un tumore, conosciuto l'immortalità
dell'Essere e pure il puro piacere di spiegarlo agli altri come un
concetto granitico che nasce da un'esperienza vissuta, da qualcosa
che preti e autorità non posso incrinare, come uno che aveva capito
Tutto il concetto di Vita e lo sapeva non solo vivere, ma pure
dimostrare.
Ma l'Alonso non
sapeva un cazzo della vita e gli scritti di Braden. Si sentì per un
attimo un Neo Qualunque che qualsiasi guerra poteva vincere, e sparò
una filata di cazzate autarchiche che qui non riportiamo per
rispetto, diletto, e perchè quando sei così Piccolo, meglio
lasciare fare la cronaca, l'orgoglio e pure l'intelletto.
Quando si voltò
dopo l'ennesimo rhum il Peter Panico era sparito.
Sarebbe tornato
ancora a veleggiare tra i suoi sogni, tra le sue paure e le sue
psico-certezze.
Ma Alonso non
sapeva ancora tutto questo.
Finì la
bottiglia di alcool e da quel giorno si trascinò tra le burrasche
della sua vita.
E quando
qualcuno al bar si/gli chiedeva dove avesse raccattato questa batosta
rispondeva sempre balbbetando allo stesso modo biascicando
quell'opache parole.
“So da dove è
arrivata e so che durerà per tutto il tempo che basta”.
(To be
continued)